Affresco

Come un raschietto
a scoprir la storia
dei muri di casa,
gratta questa penna il foglio
per scoprire i ricordi nascosti
tra il bianco di queste pagine.

Di quel libro conosco sì e no la copertina ma tanto basta per far scorrere un dialogo che si intreccia tra le decine di bicchieri vuoti che odorano ancora tracce di gin e rum. Si spengono le luci intermittenti e da lì a poco anche la musica ma sembra invece che il discorso sia stato troncato giusto all’inizio.

Cammino tra i palazzi di notte mentre i discorsi al telefono accompagnano i passi solitari e si diramano in mille proposte ad ogni incrocio ed ogni lampione.

Durante il concerto la luce è spenta e si sente solo il rumore di violini che riverberano nella stanza. Nella penombra ci lanciamo uno sguardo per trovare una chiave di comprensione di quel suono, per trovare noi di fronte a qualsiasi cosa succeda intorno.

Il sapore del vino da argomenti alla gola mentre il calore del bar scalda in un dolce tepore. I visi si fronteggiano dove gli occhi lanciano taglienti sguardi che i lembi della bocca ammorbidiscono in sorrisi.

Sulla via del ritorno le esperienze diventano impressioni e le impressioni diventano le visioni che mutualmente si creano e nutrono a vicenda.

Stesi sul prato il mondo e le difese esterne son troppo distanti, l’unica via è l’abbandono cercando una fiducia promessa ora dal cielo stellato ma già tradita allora da simili contesti.

Le mani si appoggiano sulla pelle in cerca degli spasmi residui che corrono come scosse lungo i muscoli. Docili smussano vibrazioni in tepore che come un manto attenua ogni nervo del corpo.

Nella penombra non si capisce se quegli occhi siano socchiusi ma è la perfetta occasione per scrutare quella silhouette in posa plastica nell’inutile speranza di addormentarsi.

Un bacio sfiorato sull’uscio rimanda un atteso epilogo alla prossima serie.

La musica e il vociare della gente non riescono a zittire l’assordante silenzio del telefono che palesa la richiesta di coraggio insita nel cambiamento.

Al tavolino di un bar provano a riallacciare i discorsi che agitavano gli animi in precedenza. Gli sguardi si abbassano e non voglion riconoscere in quegli occhi estranei tracce di una luce nota.

La campagna si fa più solitaria e le distanze più importanti ma qualcosa muove le gambe ad un ritmo sempre più veloce. La fatica cerca di rubar spazio ai pensieri e la corsa prende un nuovo sentiero per cercare una nuova strada.

All’incrocio in centro ci si ritrova in larga compagnia con la spesa domenicale e tra tante parole un nome risveglia un moto di fierezza e un tono di malinconia. Indizi portano idee per un contatto che non tornerà a mancare.

La collega dalla scrivania accanto accenna ad un problema mentre gli occhi vuoti cercano di trovare una risposta, la più veloce che tolga meno tempo possibile al cervello che sta già elaborando.

Ci si ritrova dopo tanto tempo sullo stesso divano sentendo una presenza nota che diventa sempre più vicina. L’impeto viene fermato in definizioni e anche l’affetto non sa più trovare il suo nome.

La ressa della gente che balla intorno non crea imbarazzo e nella confusione di facce e movimenti anche i principi sfumano, le distanze si accorciano e la coerenza diventa sempre meno consistente.

La mattina si trova, acceso il computer, una mail scritta la notte prima. Tante parole per mantenere un dialogo come minima distanza, tante mail per rendere questo minimo eterno.

Lungo la vasca si sciolgono ad ogni bracciata i muscoli tesi della lunga giornata. Ad ogni immersione in acqua si costruisce un immagine del viaggio dell’indomani dove due connessioni diventeranno per qualche giorno una strada.

Fermi su una scogliera i corpi ancora bagnati sono a contatto ma non comunicano. Entrambi aspettano in silenzio il tramonto ma è solo quello ad arrivare mentre parole e gesti non s’arrischiano a scuotere un tranquillo equlibrio.

In quel lungo sguardo sospeso stupore, rabbia e rassegnazione vengono dissimulati da due occhi vuoti che fingono inoltre di notare il tipo x che le cinge il collo.

Le dita scorrono sulla tastiera come comandate mentre il braccio si inarca violentemente sfregando la rabbia sulle corde. Ma è il cuore che sobbalza sulla spalliera per far vibrare la cassa armonica in una struggente melodia che massaggia la guancia e scioglie i pensieri.

Tra un anonima fila di teste guizza uno sguardo che prelude ad un intenso scambio di fughe e richiami tra quelle pile di bicchieri vuoti ancora da riempire.